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Noi, ragazzi di oggi.

Quelli che eravate, noi siamo. Quelli che voi siete, noi saremo.

Scritto da Roberta Magliocca

15 Novembre 2014

Siamo ovunque. Alle fermate degli autobus la mattina molto presto, con grandi occhiali scuri per coprire occhi troppo stanchi e ancora tremendamente assonnati. Siamo nei bar fuori scuola. Siamo sui muretti in piazza il venerdì notte o ad affollare i cinema di domenica pomeriggio. E poi ancora, siamo nei centri commerciali, siamo nei pub a servire ai tavoli il sabato sera. Siamo quelli che le vostre labbra, le labbra di chi la nostra età l’ha passata da tempo, dipingono come mammoni, nullafacenti, strafottenti e maleducati. E tutti i torti non avete. Ma, di grazia, versatevi da bere, sedete un po’ di fronte a noi e provate a conoscerci. Avete idea di quanto sia difficile avere vent’anni (o su di lì) oggi? Siamo la generazione Facebook, se non sei iscritto a questo o a quel social network, non sei raggiungibile, sembra quasi tu non abbia identità o vita sociale. Siamo la generazione di “figli troppo protetti” dalle famiglie e dalle scuole. Siamo la generazione del “massimo risultato con il minimo sforzo”. E poi ci ritroviamo a vivere un’ Italia in crisi, l’ Italia della corruzione, dello sfruttamento. Le Università hanno tasse che anche Onassis farebbe fatica a pagare, tasse così salate che non giustificano i servizi mal funzionanti o non funzionanti affatto. La parola MERITOCRAZIA è svalutata ad ogni livello. Non possiamo costruirci un futuro lontano da casa perché la vita è troppo cara per le tasche di chi ha lavori saltuari o di chi “arrangia” e, di conseguenza, arranca. Mandiamo curricula, sosteniamo colloqui e ci viene detto “Non possiamo assumerla perché lei non ha esperienza”. Senza pensare che ci viene negata la possibilità di farla questa esperienza. Non ci viene data fiducia. Abbiamo l’età e la voglia di costruirci una famiglia, ma non abbiamo i mezzi per poterla anche solo pensare. E così andiamo avanti, giorno dopo giorno, in un paese che ci ostacola, che non ci vuole veder crescere, che preferisce vederci andar lontano, piuttosto che trattenerci qui con i giusti riconoscimenti. Potete biasimarci allora? La frustrazione, le speranze disilluse, un futuro incerto…non vi sembrano giuste motivazioni per la nostra rabbia? Quante volte vi abbiamo ascoltato. Abbiamo ascoltato i racconti di padri, nonni, professori, vicini di casa su quanto fosse bello il mondo ai vostri tempi, di quanto duramente lavoravate fin da giovanissimi, di quanto la scuola vi avesse formato e fatto crescere. “Ai tempi nostri…” dite sicuri. Ascoltate noi, adesso…o almeno provateci. Non cerchiamo giustificazioni o scuse, ma almeno darvi giuste motivazioni. Ai tempi nostri, nel 2012, lavoro non ce n’è, né per giovanissimi, né per adulti. Ai tempi d’oggi la scuola ci lascia andare il più presto possibile, per non creare traumi dicono, lasciando camminare persone su gambe poco solide. Ai tempi nostri, i racconti dei tempi vostri non ci aiutano, anzi. Vi siete mai chiesti se un po’ non sia anche colpa vostra? In fondo il vostro mondo non l’abbiamo conosciuto, ci è stato consegnato malandato. Non siete stati capaci di darci i mezzi necessari per lasciarlo intatto il mondo dei vostri tempi, aiutateci almeno a non peggiorare il mondo dei nostri.

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