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Aldilà del genere. Over The Edge.

Perché per ascoltare altro, devi guardare oltre.

Scritto da Roberta Magliocca

15 Settembre 2014

Un pomeriggio in Do maggiore quello passato con gli Over the Edge. Seduti al tavolino di un bar di provincia, quattro ragazzi, tra una sigaretta ed un caffè si lasciano ascoltare, si lasciano guardare oltre i vestiti, oltre la pelle, fino a mostrarmi il posto della musica, lì, nelle loro vene. E potrei stare qui a dirvi che Jen Blossom è la cantante di questo gruppo, Vincenzo Baratta il chitarrista, Tory Liar la batterista, Fabio Natale il bassista. Ma la verità è che ognuno è nel lavoro dell’altro, Jen canta le note di Fabio, Vincenzo è invaso dal ritmo di Tory e così mille altri intrecci tra quattro corpi che occupano lo stesso pentagramma. E’ un entusiasmo, il loro, che non può non coinvolgerti. Mi raccontano della loro nascita musicale , dei vari componenti che hanno suonato, poi lasciato; fino al momento in cui, eccoli, loro quattro. Faticano a spiegarmi cosa è successo la prima volta che hanno suonato insieme, ma riesco a capirlo perché glielo si legge negli occhi. Dal primo pezzo provato, hanno capito che quel gruppo non avrebbe avuto storia se non fossero stati loro quattro (e solo loro quattro) a scriverla. “Posso perdere la ragazza” – dice Vincenzo – “un amico, forse. Ma gli Over the Edge sono la mia certezza, la mia famiglia”. “E’ svegliarsi la mattina” – prosegue Jen – “ e non vedere l’ora di mettersi a lavoro, per un progetto comune, un sogno comune“. Otto mani per una sola musica. Otto piedi per un solo cammino. E non è “semplice” amicizia la loro. E’ condivisione, convivenza, scontro costruttivo, di quegli scontri che appartengono a chi ha ancora molto da dirsi. E non è nemmeno “semplice” passione. E’ una musica consapevole, di spessore; musica che veicola emozioni e talento al punto giusto. Un talento che, partendo da Caserta, passando per varie regioni italiane, ha raggiunto l’America. Nel Febbraio 2012, infatti, un noto produttore americano, curatore del suono di gruppi come Cure e Garbage, li ha voluti in Pennsylvania, per una collaborazione dalla quale è nato “Held Breath”, album contenente 11 tracce. Sono dei vulcani di idee. Gli Over The Edge sono una specie di Re Mida della musica. Tutto quello che toccano diventa note. Note che, tengono a precisarmi, non sono verità assolute. Piuttosto domande che generano domande, dubbi che si moltiplicano, infiniti punti interrogativi. Hanno, in media, 24 anni. E i 24 anni, si sa, sono istinto, violenza delle passioni, non potersi tenere l’infinito tutto dentro e, quindi, lo suonano. Ma gli Over The Edge sono anche l’occasione che ha l’Italia di dimostrare che possiamo farcela, che le “crisi” si trasformano in opportunità se solo servissero a smuovere le coscienze. Ripartiamo da ragazzi come loro, ridiamo significato alla parola MERITOCRAZIA. L’arte in Italia è davvero morta? Beh, forse no. Sicuramente è messa male. Noi, tutti noi, facciamo la differenza. Possiamo decidere se affossarla completamente o rianimarla. Con gli Over The Edge ho fatto la mia scelta. Le ridò ossigeno, le pompo sangue nelle vene, le restituisco dignità. Adesso, scegliete voi da che parte stare.

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